Frammenti di anime collettive racchiuse in complessi intrecci di materia, stratificazione di questioni identitarie e una plastica narrativa che esorcizza le contraddizioni della società contemporanea. La visione oggettiva si fonde indissolubilmente alla ricerca artistica di Afran – Francis Nathan Abiamba [Bidjap (Camerun) 1987], sintomo di una riflessione già sedimentata nei primi anni della sua istruzione all’Istituto di Formazione Artistica di Mbalmayo. Nasce come pittore, nonostante una breve esperienza con la ceramica, per poi appropriarsi del mezzo concettuale che, con una maggiore forza espressiva, incarna, nella quotidianità dell’umile materia, l’analisi della reale identità umana.

Opere come Riscossa del sacro esalano la metafora del tutelare la libertà di pensiero e autodeterminazione, conquistando l’anima atemporale e imparziale del blue jeans, unificando il passato dell’artista, di cui le maschere africane ne sono effigie, e il presente, rivelato dallicona della moda occidentale.

Nell’epoca contemporanea è innegabile come l’abbigliamento sia il primo e superficiale riferimento della singola esteriorità, che personifica una scelta politica, estetica e creativa. Un mezzo artistico che diventa protagonista della comunicazione e perno inscindibile della persistente necessità dell’apparire. Il riutilizzo del jeans non rappresenta solamente la velata denuncia allappiattimento sociale, ma diventa il portavoce del racconto della realtà fattuale. Il reimpiego dellelemento quotidiano conduce alla costante immedesimazione, poiché ognuno di noi ne possiede almeno un capo, elimina le barriere di genere, economiche e di classe sociale.
Afran rivela la potenzialità del tessuto di far coesistere il visibile, riscontrato nella stratificazione oggettiva, e l’invisibile, prodotto nella sedimentazione dei numerosi vissuti – proprietari degli indumenti – creatrici vitali dell’opera.
La materia viva svela lo spirito di coloro che hanno donato il loro capo, facendo evadere l’aura sacrale dai confini materici del jeans, proliferando il legame soprasensibile tra tessuto e persona.
Maschere etniche originate dalla stratificazione polimaterica, stoffe, cerniere, cinture, produttrici dinamiche di sovrapposizioni cromatiche metafisiche. Intrecci di realtà che richiamano le tradizioni africane, tra pieni e vuoti, tra occulto e svelato. La materia copre e ricopre un oggetto che l’artista ha volutamente celato all’interno. Lopera diventa espressione del segreto, propone dei quesiti che lo spettatore è costretto a porsi. L’unico dettaglio a noi concesso è la rigida fluidità del tessuto, metafora della persistente e sconfortante conferma che l’essere umano del nostro tempo sarà sempre portato a soffermarsi unicamente sull’esteriorità.

di Stefy Garzoni

In mostra:

Riscossa del sacro, 2023
sculture polimateriche, plastica, metallo, cuciture di Denim
installazione di sette elementi, dimensioni variabili

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