Un cortocircuito. É l’unica definizione sufficientemente calzante per i lavori di Alessio Barchitta [Barcellona Pozzo di Gotto (ME), 1991]. Da un lato una carezza, dall’altro un pugno. Il materiale non è mai solo il mezzo, né una scelta prettamente estetica, piuttosto, esso diventa il messaggio stesso che veicola. Per l’artista è fondamentale presentare una tematica, non rappresentarla. Per farlo si avvale di materiali che già nel loro stato originale sono vettori di una narrativa, frammenti di vissuto, protagonisti e testimoni al contempo della loro storia, quanto della nostra.

Viviamo un’epoca in cui i fiumi diventano discariche, e le discariche diventano specchio delle nostre abitudini, dell’incessante fluire delle mode e delle tendenze di mercato, sempre più fulminee e di rapido intercambio.

Proprio nei fiumi Barchitta trova la via per raccontare la nostra epoca e, in particolare in Cant wait (2022), la nostra generazione. Una generazione esasperata, ossessionata dall’aspettare il momento buono, quell’occasione giusta che poi non arriva mai. E l’attesa è scomoda, si fa sempre più insofferente, costrittiva, ansiogena. Certo, vista da fuori, da lontano, dalla sicurezza spavalda di chi il suo momento buono l’ha già sfruttato, l’attesa appare come pigrizia e i cuscini, per come li conosciamo, si mostrano come confortevoli interpreti di ciò. Salvo poi rivelarsi, ad un occhio più attento, come sconfortanti e dolorosi sacchi di cemento e piastrelle rotte. Da un lato una carezza, dall’altro un pugno.

Utilizzare simboli e immagini universalmente riconosciuti e riconoscibili permette all’artista di entrare in confidenza con uno spettatore trasversale, di uscire da un Sistema dell’Arte autoreferenziale ed elitario che non giova a nessuno. Lo stretto legame con i materiali domestici, con la realtà dei fatti, consente a Barchitta di entrare nella sfera privata dei fruitori, alimentando così la dicotomia tra l’icona familiare, carezza che attrae chi osserva, e il significato reale, il pugno sferrato dai materiali utilizzati.

Materiali che contraddicono l’apparenza, raccontano di ovvietà nascoste, polvere sotto i tappeti e disagio nascosto in bella vista.

Eccellente interprete di quelle coppie di opposti che contraddistinguono il lavoro di Barchitta è anche Shit happens: un cuscino di velluto, elegante, sofisticato, signorile, sopra il quale è posta la testa di un putto barocco realizzata in resina e guano di piccioni e colombi. Di nuovo un ossimoro, un cortocircuito tra iconografia sacra e materia più che profana, che ci spinge a riflettere sul concetto di monumentalità e sulle idee di buono e cattivo a cui siamo abituati. Ancora una volta, una vellutata carezza è accompagnata da un pugno che tenta di distruggere un simbolo, il più faticoso da oltraggiare, specialmente per un’opera d’arte, alla quale questo è incessantemente ed espressamente richiesto: lintoccabile e sacerrima bellezza.

 

di Eleonora Bianchi

 

In mostra:

Cant wait, 2022
piastrelle di recupero, malta cementizia
installazione di due elementi, dimensioni variabili

SHIT HAPPENS, testa, 2023
velluto, guano di colombe e piccioni, resina
40x40x30 circa

Barchitta 036__EVD8945
Top