Riconoscibile e irriconoscibile, pieno e vuoto, pesante e leggero. La poetica di Cesare Galluzzo [Milano, 1987] si compone e scompone di ossimori, contrasti, binomi che recepiscono, nella distanza tra i loro estremi, la giusta relazione, quella tensione all’interno della quale l’artista riesce sempre a trovare il modo più corretto di comunicare un messaggio.

L’Arte di Galluzzo si costruisce con pazienza e precisione, precisione che, tuttavia, non sfocia mai nell’asettica meccanicità: l’artista crea con le sue mani, senza ricorrere a strumenti esterni che finirebbero per eliminare l’errore, la sbavatura e, con essi, la personalità dell’opera. Il limite del suo agire deve combaciare con il limite d’essere dell’opera d’arte. Le Domus sono interpreti perfette di questa sua poetica: un processo meticoloso, quasi da amanuense, memori certo dei lavori di scrittura a cemento della prima carriera di Galluzzo.

Il rapporto tra architettura umana e naturale diventa modulata – con continue differenze e diverse possibilità – in favore di strutture alchemiche in cui il legno di recupero torna a vivere altre possibilità in forme in cui l’essenzialità primordiale le fa appartenere a ogni tempo e a ogni luogo.

Galluzzo 162__EVD9587

Un tetto e quattro mura, ma non solo, le Domus sono molto di più, sono templi e conchiglie, case concrete e astratte, abiti e abitazioni, che si intrecciano in un’architettura leggera, ma non effimera, stabile e instabile al contempo, in bilico sul confine tra pesantezza e leggerezza. Una sfida liminale e sub-liminale nell’opporsi alla gravità – dei materiali e della vita – nel ribaltare quegli stereotipi legati a un materiale apparentemente duro e soffocante come il cemento, nel momento in cui questo viene legato a materia viva, malleabile e più accondiscendente come è, invece, il legno. É in questo do ut des tra un materiale e l’altro che si sviluppa la tensione, che nasce il mistero di una struttura ovvia, ma nascosta, figlia e genitrice di ossimori tra un pieno che non si vede e un vuoto che sostiene e dà forma all’intera costruzione.

L’artista agisce costantemente tra lassente e il presente, tra l’unicità di un vissuto personale e l’universalità del sentire comune. Trova la sua stabilità nell’instabile, nel labile confine tra il peso di un corpo e la sua dematerializzazione e nella trasmutazione, dapprima di un’immagine mentale che viene cesellata fino a raggiungere la sfera più intima, emotiva ed emozionale di tutti gli agenti coinvolti: la materia, lo spettatore e lo stesso Galluzzo.

In parallelo, lo spazio fisico si fa sempre più etereo, simbolico, evanescente, in divenire. Un viaggio che non conosce meta, di evocazione e ri-evocazione di un’identità atavica comune a tutti noi, figli imprecisi di in-formalità in-conciliabili.

 

di Eleonora Bianchi

 

In mostra:

Dalla serie Domus, 2013-2023
carta, cemento, cemento pigmentato, gesso, legno
installazione di 15 elementi da 2.2 a 10.9 cm di altezza, da 17.5 a 19.8 cm di diametro

Top