Dissacrante, profondo, esplosivo, grottesco, volgare, critico, contemporaneo. Questo rappresenta Enrico Baj [Milano,1924 – Vergiate (VA), 2003], uno dei principali artisti italiani degli Anni ‘50 e ’60. Il suo animo di creativo e la voglia di far sentire la sua voce hanno sempre prevalso rispetto a tutti e tutto, protagonista delle nuove avanguardie, profondamente influenzato dal lavoro di Duchamp e, più in generale, dal Surrealismo e dal Dadaismo, nel corso della sua carriera ha aderito a diversi movimenti artistici che hanno fatto la storia del XX secolo, come il Nuovo Realismo, il Surrealismo e il Movimento Nucleare.

Proprio di quest’ultimo nel 1951 ne sarà il fondatore, insieme a Sergio Dangelo, in risposta

alle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki di qualche anno prima. Il movimento punta ad abbattersi contro una concezione borghese della pittura, contro gli accademismi dell’arte, tentando di sviscerare la realtà fino alle dimensioni atomiche. Nel 1953 conosce Asger Jorn, con il quale fonda il Movimento Internazionale per un Bauhaus Immaginista, schierandosi contro la forzata razionalizzazione e geometrizzazione dell’arte.

Queste esperienze andranno a costituire il fil rouge della vita e dell’arte di Baj caratterizzato da una forte critica sociale e da una riflessione del ruolo dell’arte su alcuni temi specifici, come la critica alla guerra o il rapporto con la tecnologia.

Nella sua ricerca artistica si distinguono da un lato un filone ludico, dove prevale il piacere di fare pittura con ogni sorta di materiali e, dall’altro, un forte impegno civile e una critica della contemporaneità.

Tutto questo si concretizza attraverso i più disparati materiali, quali legno, stoffe, tubi idraulici, medaglie, bottoni andando a creare collage polimaterici e policromatici che ci consegnano una visione mostruosa del mondo, ci trasmettono una forma degradata di arte, unarte volgare, grottesca con un sapore dissacrante, assoggettata ormai all’incontrollabile progresso della tecnologia, fagocitata da una società consumistica, in particolare dagli Anni 80 in cui la forma prevale sulla sostanza.

La componente materica del lavoro di Baj risulta essere fondamentale, un dualismo in cui, da un lato, troviamo un’ecologia del consumo ante litteram, andando ad utilizzare oggetti deputati per un altro scopo e, dall’altro, invece, una critica sociale nell’inserire una componente di realtà che si discosta dall’arte tradizionale e dalle sue leggi accademiche.

 

di Jonathan Vecchini

 

In mostra:

Donna e Generale, anni ‘80
Tecnica mista
97×130 cm
Collezione Fondazione Dino Zoli, Forlì

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