Natura che si fa pittura. Musica che si fa materia. Spazio che si fa vita.

È dal desiderio di un contatto diretto con la natura e di un dialogo “corpo a corpo” con la stessa che Renata Boero [Genova, 1936] – dopo gli studi umanistici in Svizzera e la frequentazione del Liceo Artistico Barabino a Genova – abbandona le modalità pittoriche tradizionali per creare un modo nuovo di fare pittura, di rappresentare la realtà, ricostruendola concettualmente.

Esperienza determinante per gli sviluppi del suo linguaggio artistico è stata lattività di restauro svolta tra il 1960 e il 1964 a fianco di Caterina Marcenaro, direttrice del Museo Palazzo Rosso a Genova; tale attività ha portato l’artista a porsi non solo in diretto contatto con i materiali naturali – che hanno poi acquisito nelle sue opere un significato metafisico e soprattutto simbolico – ma che ha anche posto le basi per l’idea della tela libera dal telaio. Il suo diventa un supporto dunque che, aprendosi al dialogo con lo spazio, si rapporta anche con il tempo.

Tempo che nelle opere di Boero si rivela attraverso la ritmica cadenza di forme e geometrie determinate dallo stesso processo produttivo durante il quale l’artista piega meticolosamente il supporto scelto (tela o carta) e lo immerge in infusi realizzati con elementi naturali. Questo è il processo in cui l’azione magico-alchemica dell’artista è volontariamente ridotta alla sola piegatura della tela e al calcolo del tempo esatto di immersione, per far sì che gli elementi costitutivi dell’opera si delineino come co-autori del manufatto artistico.

Ed ecco allora che, come è ravvisabile in Cromogramma 78, armoniche e modulari simmetrie – debitrici anche di istanti musicali ascoltati in ambito familiare – si addizionano alle pieghe del supporto, facendo acquisire all’opera un rapporto spazio-temporale più reale. Più naturale.

Un amore per la natura, dunque, per i propri delicati e imperanti ritmi da rispettare senza alterarne le caratteristiche intrinseche, senza sfruttarla, senza usarla, ma intessendo con essa un dialogo intimo e delicato; aspetti che se negli anni ‘60-’70 esacerbavano un concetto che allora appariva ai prodromi della spinta ecologista, oggi si delinea più che mai attuale, più che mai globale.

Una globalità che dovrebbe avere un’attenta attenzione verso la Terra, dialogando sulla natura attraverso la natura stessa perché tutti si è parte di un “qualcosa di più grande”.

E rispettarlo è il primo passo per permetterne la vita.

di Nicoletta Biglietti

In mostra:

Cromogramma 78, 1978

Tela marina – elementi naturali

260×160 cm

Collezione Fondazione Dino Zoli, Forlì

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