Aristotele nel IV secolo a.C., all’interno della Politica, definiva luomo “animale sociale poiché per natura tende ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società. Tuttavia, possiamo affermare senza ombra di dubbio che, nel IV secolo a.C., il tempo di Aristotele, i legami tra le persone erano più reali di quelli che viviamo noi oggi poiché non inficiati, sporcati, contaminati dal mondo online.

I legami che creiamo al giorno d’oggi sono gassosi, nebulosi, usa e getta.

Paradossalmente siamo in un’era in cui abbiamo la possibilità di entrare in contatto con chiunque a qualsiasi ora, in qualsiasi luogo ed è forse questo, la ricerca spasmodica di possedere nuove relazioni, l’insaziabilità umana di avere sempre di più, che ci porta a non approfondire mai, non coltivando i nostri rapporti e, dunque, a non avere realmente nulla. La pandemia ha messo in luce i problemi di questi rapporti leggeri, mostrando la bellezza e l’importanza dei rapporti forti e duraturi. Riuscire a far convivere questi due aspetti delle relazioni è molto difficile poiché agli antipodi, anche se l’artista Giulia Nelli [Legnano (MI), 1992] è riuscita, attraverso i suoi lavori, a trovare una sintesi, una robusta fragilità capace di raccontare l’uomo e i suoi legami.

Nelli lavora e vive affascinata dal tema del rapporto dell’individuo con il paesaggio, della sua ricerca di senso nell’ambito del territorio di appartenenza e all’interno della rete di legami sociali di cui fa parte.

Ombre, luce, vuoti, pieni, strappi, tagli sono la cifra stilistica del suo lavoro come se fossero le parole di un libro fatto di collant in poliammide ed elastan. Attraverso questo materiale l’artista riesce ad esaltare ruolo del gesto e la manualità, dialogando con la parte più recondita del suo subconscio. Il collant non è più solo materiale ma i tagli, gli strappi, gli intrecci rappresentano la vita di ognuno di noi che viene a contatto con gli altri, noi rappresentiamo un’unità di questo mondo, un filo all’interno di un vasto tessuto e sta a noi decidere se intrecciare il nostro destino con quello degli altri oppure intessere un percorso di vita solitario. Vita nelle pieghe della terra, l’installazione presentata per questa mostra e che fa parte del progetto Humus su cui l’artista da tempo lavora, scava ancor più nel profondo evocando il mondo sotterraneo, la “pancia della Terra”, che nutre e alimenta da sempre l’uomo e ogni sua attività. Una Terra che è generosa, ma che va protetta e custodita, salvaguardata fin dentro il suo cuore. Nelli tesse le sue connessioni guardando metaforicamente a quella unitarietà globale di rapporti che sono ugualitari e pertinenti – senza distinzioni di sorta – per l’umanità intera, composta da esistenze accomunate dal vivere tutte su questo nostro “piccolo” pianeta. Lo scopo è far riflettere su quell’impegno alla cooperazione per un futuro che non deve essere solo rispettoso dell’ambiente e delle sue risorse, ma che è ormai una vera sfida alla nostra stessa sopravvivenza.

 

di Jonathan Vecchini

 

In mostra:

Vita nelle pieghe della terra, 2023
Collant nero di diverse densità (den) dell’azienda Elly Calze e tessuto di lino
installazione site specific, dimensioni ambientali

Top