Piero Gilardi (Torino, 1942-2023) è stato tra i più importanti artisti del secondo Dopoguerra, in grado di stravolgere quelle che erano le regole della tradizione legate al mondo dell’arte e della scultura, così come il ruolo dell’artista, portandolo ad una definizione peculiare grazie alla sua insaziabile necessità di ricerca sul rapporto tra l’uomo e la natura e, soprattutto, riflettendo sull’allontanamento dell’essere umano nei confronti del mondo naturale.
Denunciando la società odierna, caratterizzata da uno stile di vita sempre più fittizio e artificiale – per la crescente e continua industrializzazione e globalizzazione – riflette sulle cause delle modifiche, degli stravolgimenti e dell’alterazione degli spazi naturali. Il suo operato artistico si caratterizza per la creazione dei celebri Tappeti-natura, ovvero la realizzazione di frammenti di spazi naturali, messi a contrasto con il materiale artificiale utilizzato per riprodurli, con cui rende “commerciale” la vendita di un pezzo di natura.
Per la creazione di questi piccoli scorci naturali utilizza, infatti, il poliuretano espanso, materiale facilmente modellabile composto da schiume flessibili, utilizzato soprattutto all’interno del contesto industriale, per la realizzazione di oggetti quotidiani come materassi, imbottiture, imballaggi e non solo.
Materiale fortemente malleabile e di facile alterazione, nella realizzazione di questi frammenti di natura, Gilardi si avvale dell’utilizzo di forbici, taglierini si pone l’obiettivo di ricercare un realismo immediato, quasi assoluto, nelle forme, grazie anche all’importante supporto della pittura e di un sapiente utilizzo della materia cromatica.
Egli non rappresenta una natura pienamente selvaggia, libera, ma raffigura una natura asettica, congelata, ingabbiata e privata della libertà di fare il proprio corso. In questa, per metafora, troviamo la natura dominata e modificata dall’essere umano che, focalizzato solo al soddisfacimento delle proprie necessità e bisogni, sopraffà il mondo in cui vive.
Pur trattando la natura, l’artista, in questo senso, non nasconde l’artificio: i margini netti, la rappresentazione perfetta, immacolata, intatta degli elementi raffigurati evoca un’artificialità che è di sostanza.
Gilardi, non si limita solamente ad una fruizione di tipo visiva, ma ci invita a prendere coscienza e a ragionare su ciò che sta accadendo, sulle problematiche ambientali. Un lavoro il suo che, oltre l’appartenenza ad una precisa contestualità storica, continua a risultare affascinante e attuale, sia per la bellezza che prova a cercare, sia per quel senso di controllo e di perdita che riporta.
Opere come Mele cadute nella neve o Prugne e mais ci inducono a pensare ciò che si osserva, a sperimentare di continuo quella messa in discussione della realtà che abbiamo davanti e il diverso grado di conoscenza e giudizio con cui la “facciamo nostra”.
di Martina Ramera
In mostra:
Mele cadute nella neve, 1967, poliuretano espanso
70×100
Collezione privata Courtesy Dep Art Gallery, Milano
Prugne e mais, 2004
poliuretano espanso
30×30 cm
Collezione privata Courtesy Dep Art Gallery, Milano