SILVIA BIGI

L’albero del latte

A cura di Francesca Lazzarini

Non siamo forse tutte come Vukosava e Stana? Nasce da una fotografia ritrovata per caso L’albero del latte di Silvia Bigi, progetto dedicato a tutte le donne che combattono ogni giorno per essere latte e sangue allo stesso tempo, nell’incessante tentativo di conciliare le diverse dimensioni di sé.

La Fondazione Dino Zoli di Forlì (Viale Bologna, 288) presenta, dal 24 febbraio al 14 aprile 2018, L’albero del latte di Silvia Bigi, a cura di Francesca Lazzarini. L’esposizione, che sarà inaugurata sabato 24 febbraio alle ore 18.00, apre ufficialmente Who’s next, programma teso alla promozione e al sostegno della creatività giovanile fortemente voluto dallo stesso Dino Zoli.

Stana Cerovic, ritratta insieme alla sorella Vukosava, moglie e madre, è stata l’ultima vergine giurata dei Balcani. Le tobelije erano donne disposte a diventare uomini (nei gesti, negli abiti e in ogni comportamento sociale) pur di sfuggire a matrimoni combinati, assicurandosi una vita indipendente in una società fortemente patriarcale.

Il titolo della mostra – L’albero del latte – è tratto dal Kanun di Lek Dukagjini, un antico codice di leggi e consuetudini che definisce come Albero del latte la stirpe femminile in opposizione all’Albero del sangue, riservato all’unica vera discendenza: quella maschile.

«Con L’albero del latte – scrive la curatrice – Silvia Bigi esplora il tema dell’identità di genere mescolando realtà e finzione, suggestioni poetiche e provocazioni critiche. Fotografie e installazioni, documenti d’invenzione e objets trouvés raccolti tra i Balcani e la Romagna compongono un percorso che affronta argomenti universali e quotidiani, storici e di attualità, per riflettere sul ruolo della donna nella società contemporanea e sulle possibilità di cambiamento sociale».

A partire dalla fotografia di Vukosava e Stana, Silvia Bigi avvia una riflessione che tocca temi come il matrimonio, la dote, la sessualità e la perpetuazione di norme sociali dominanti, attraverso l’uso della  fotografia, suo linguaggio d’elezione, ma anche di installazioni, lavori tessili e opere audio.

Il progetto comprende opere legate alla sessualità (Esercizi di preparazione ai doveri della prima notte, 2017), al rapporto tra predeterminazione genetica e cultura (Il corredo della sposa, 2017), alla trasmissione dei modelli di genere (Gli anelli dell’albero, 2017) e alla ricerca di equilibrio nella costruzione dell’identità (Il sangue e il latte, 2017).

A completare il percorso espositivo, l’opera tessile Il codice (2017): un insieme di leggi al femminile composte in dialetto romagnolo, ricamate a mano su un lenzuolo, custodite e tramandate in segreto dalle donne di generazione in generazione. Come spiega, infatti, Francesca Lazzarini, «la lettura del suo contenuto, per voce dalla poetessa Laura Turci, accompagnerà il visitatore lungo la mostra: una sorta di ripetizione sovversiva tesa a far sedimentare in chi l’ascolta un nuovo insieme di norme, scritte – questa volta – da donne per le donne».

La Fondazione Dino Zoli è aperta al pubblico da martedì a giovedì con orario 9.30-12.30, da venerdì a domenica ore 9.30-12.30 e 16.00-19.00, chiuso lunedì e festivi. Ingresso libero. Per informazioni: tel. +39 0543 755770, info@fondazionedinozoli.comwww.fondazionedinozoli.com.

 

SCARICA IL FOGLIO DI SALA

 

SCHEDA TECNICA
Silvia Bigi. L’albero del latte
A cura di Francesca Lazzarini
Fondazione Dino Zoli
Viale Bologna 288, Forlì
24 febbraio – 14 aprile 2018

PER INFORMAZIONI
Fondazione Dino Zoli
Viale Bologna 288, Forlì
Tel. +39 0543 755770
info@fondazionedinozoli.com
www.fondazionedinozoli.com

UFFICIO STAMPA
CSArt – Comunicazione per l’Arte
Via Emilia Santo Stefano 54, Reggio Emilia
Tel. +39 0522 1715142
info@csart.it
www.csart.it

Silvia Bigi nasce a Ravenna nel 1985. Si laurea al DAMS di Bologna, consegue un Master presso il Centro Sperimentale Adams di Roma e approfondisce gli studi all’International Center of Photography di New York. Dal 2015 al 2017 dirige Lilith, spazio per la fotografia contemporanea, sede di corsi, rassegne e mostre fotografiche. Nel 2017 crea Percorsi Fotosensibili, un progetto di formazione fotografica indipendente, collaborando parallelamente con scuole di fotografia e festival in Italia. Le sue opere sono state esposte in mostre collettive e personali, in Italia e all’estero. Attualmente vive e lavora tra Ravenna e Milano.

Francesca Lazzarini, laureata in Sociologia, lavora nel mondo della fotografia dalla fine degli anni Novanta. Dal 2007 collabora alla nascita e allo sviluppo di Fondazione Fotografia Modena, progetto al quale si dedica a tempo pieno sino al 2012, occupandosi di formazione, editoria, residenze e curatela di progetti speciali. Dal 2013, come curatrice indipendente, amplia lo spettro della propria ricerca al campo delle immagini e lavora a mostre e progetti culturali in collaborazione con artisti, collettivi, associazioni e istituzioni pubbliche e private, italiane ed estere. Convinta del potenziale delle arti visive quali strumenti per attivare nuovi processi di significazione, concentra il proprio lavoro sul contributo che queste possono dare all’atto di re-immaginare il mondo. Guidata da questo principio è impegnata in attività critiche, formative e di docenza dal 2011. Nel 2016 ha dato vita all’associazione Cultural Inventory e al programma di residenze d’artista Air Trieste. Nel 2017 è co-fondatrice della piattaforma di ricerca sulle immagini POIUYT.

L’albero del latte di Silvia Bigi esplora il tema dell’identità di genere mescolando realtà e finzione, suggestioni poetiche e provocazioni critiche. Fotografie, documenti d’invenzione e objets trouvés raccolti tra i Balcani e la Romagna, compongono un percorso che affronta argomenti universali e quotidiani, storici e di attualità, per riflettere sul ruolo della donna nella società contemporanea e sulle possibilità di cambiamento sociale.

Il titolo è tratto dal Kanun di Lek Dukagjini, un antico codice di precetti e consuetudini tramandate oralmente nei Balcani sin da epoca medievale, e forse ancor prima, e in seguito raccolte in forma scritta. Nel canone – che veniva tramandato dai membri anziani delle comunità e regolamentava l’intera vita sociale, giuridica ed economica dei territori di sua applicazione – veniva definita “Albero del latte” la stirpe femminile, mentre “Albero del sangue” indicava l’unica vera discendenza: quella maschile, dominante.

Il lavoro di Silvia Bigi si sviluppa a partire da un ritrovamento casuale: l’immagine di una donna, Vukosava Cerovic ritratta insieme ad un uomo. In realtà, la persona dalle sembianze maschili è sua sorella Stana, ultima vergine giurata dei Balcani. La scoperta dell’esistenza delle tobelije – donne disposte a diventare uomini e mantenersi vergini pur di sfuggire a matrimoni combinati e assicurarsi una vita indipendente in una società fortemente patriarcale – è il punto di avvio di una riflessione che tocca temi tradizionali come il matrimonio, la dote, la sessualità, la perpetuazione delle norme sociali dominanti.

Con un approccio che parte dal fotografico per espanderne i confini, fino a comprendere installazioni, lavori tessili e opere audio, L’albero del latte, qui presentato per la prima volta, cerca risposte a una domanda che ha incessantemente ossessionato Bigi dal momento del ritrovamento: sebbene viviamo in un contesto diverso, non siamo forse tutte come Vukosava e Stana?

Potrebbero sembrare storie appartenenti a un altro tempo, a un altro luogo, – osserva l’artista – eppure tutt’oggi la donna è sottoposta a drammatiche scelte, in ogni luogo del Pianeta. È un fatto che, in Occidente, la sua età fertile coincida con gli anni della sua realizzazione sociale e professionale. È un fatto che sia ancora e sempre chiamata a scegliere, a sfidarsi in ogni limite. A tentare di far tacere, per necessità, l’una e l’altra parte di sé.

Top