mostra personale di Virgilio Villoresi,

A cura di Bruno Di Marino

prologo di Ibrida Festival delle Arti Intermediali

La Fondazione Dino Zoli si propone di promuovere le eccellenze del territorio, sostenere le giovani generazioni e gli artisti del presente, portare a Forlì esperienze significative dell’arte italiana ed internazionale.
Abbiamo pertanto aderito, con grande piacere, alla proposta di collaborazione ricevuta da Ibrida Festival, manifestazione nata a Forlì nel 2015 e divenuta nel tempo punto di riferimento per l’audiovisivo sperimentale in Italia. Motivo di incontro è stata la mostra personale di Elena Bellantoni, Se ci fosse luce sarebbe bellissimo, e in particolare l’omonimo video, prodotto finale della residenza d’artista all’interno dell’azienda tessile Dino Zoli Textile.
L’opera, proiettata nell’ambito di Ibrida, fa idealmente da apertura alla mostra personale di Virgilio Villoresi, è stata ospitata negli spazi come evento off del Festival. Due progetti distinti – quello di Bellantoni e di Villoresi – che hanno trovato tuttavia punti di tangenza nel voler raccontare entrambi il dietro le quinte di quel fare artistico che muove poi la creatività realizzativa, la ricerca di suggestioni dal mondo quotidiano traslati in poesia e arte cinetica, in colore, luce, dettaglio.

L’esposizione, parte del programma di Ibrida Festival delle Arti Intermediali, è prodotta da Vertov Project e PubliOne Società Benefit in collaborazione con la Fondazione Dino Zoli.
La mostra, visitabile fino al 7 ottobre 2023, aderisce alla diciannovesima edizione della Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani

Trompe-l’oeil (2016)

Elementi in lamine colorate in plexiglass su piattaforma rotante e illuminazione.

La scultura cinetica, composta da pezzi di vario formato in plexiglass, girando su una base, finisce col comporre a intervalli regolari un occhio proiettato su un muro bianco. Lo sguardo inganna, così come anche lo spazio e, in questa colorata e caleidoscopica installazione, Villoresi rende omaggio a tutta una storia della visione alterata, dalle illusioni prospettiche al gioco di proiezioni (che ricorda la lanterna magica ma anche gli esperimenti cinetico-luminosi del Bauhaus).

Click Clack (2015)

3 Flip-book meccanici, assemblaggio di oggetti, dispositivo con effetto “ombrocinema” su macchina da scrivere giocattolo

Click Clack si basa su tre flip-book montati dentro un assemblaggio di vari oggetti di modernariato. I dispositivi meccanici sono dotati ciascuno di una propria illuminazione e partono simultaneamente. A questi si aggiunge anche un’animazione in ombrocinema, altra tecnica antica consistente nel far scorrere su un disegno un foglio trasparente su cui sono tracciate linee simulando così la scansione della pellicola e creando un movimento inesistente. 

Par le trou de la serrure (2018)

Faire de son mieux (2014)

Installazione a luce polarizzata

L’opera si basa sul principio della luce polarizzata: lo spettatore è invitato a spiare da un grande buco della serratura, azionando una leva, due volti di profilo (che, ancora una volta, hanno i tratti somatici dell’autore) costituiti da tessere prismatiche. I volti, riprodotti su un pannello luminoso, sono in realtà trasparenti ma, visti attraverso filtri polarizzati, creano un effetto di rifrazioni luministico-cromatiche.

Flip-book meccanico

Questa piccola macchina cinetica si basa su una delle tecniche più rudimentali per dare alle immagini fisse l’illusione del movimento: il flip-book. Tutti da bambini ci siamo divertiti a disegnare sul bordo di un quaderno delle figure che si muovono in successione che, sfogliandole, creano piccole animazioni. In Faire de son mieux Villoresi – che è anche collezionista di oggetti vintage – utilizza un vecchio gioco in cui lo stesso personaggio cerca invano di disegnare il profilo del suo volto.

Virgilio’s Zoetrope (2018)

Danses macabres (2016)

Installazione con zootropio meccanico illuminato da luce stroboscopica in sincrono

L’installazione che conclude la mostra combina insieme due opere: lo zootropio scultoreo e 4 giochi di proiezione. Lo zootropio – che si rifà a una delle macchine del pre-cinema – è provvisto di tante teste (in resina) che hanno le sembianze dell’artista, il quale – illuminato da una luce stroboscopica – crea lo stesso effetto di scansione della pellicola che nel dispositivo originario era ottenuto guardando le figure interne al cilindro attraverso tante strette fessure verticali.

4 piccole sculture filiformi su piattaforme rotanti illuminate

Completano il fantasmagorico spettacolo le Danses macabres, piccoli scheletri filiformi che – disposti su basi rotanti e per mezzo di sagomatori – sono proiettati sulla parete creando un gioco di ombre in movimento. La danza macabra è un tema iconografico risalente al tardo medioevo ed evoca la fragilità dell’esistenza (memento mori), ma qui assume la forma diafane di un cinema primitivo (le ombre cinesi/cinetiche) e rappresenta tanto l’apoteosi della metamorfosi quanto la dimensione effimera e immateriale delle immagini.

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